Roma, venerdì 19 giugno
dalle ore 18.00 in poi a Piazza Farnese
Il referendum elettorale è fondato sull’inganno e sulla menzogna.
I referendari vogliono cavalcare la grande indignazione che c’è in tutti noi per una legge elettorale che unanimemente viene definita una porcata, perché ha espropriato gli elettori del potere di scegliere i propri rappresentanti, e vogliono farci credere che attraverso il referendum potremo sbarazzarci del “porcellum”.
Niente di più falso.
La legge che uscirebbe da una eventuale vittoria del Si al referendum non eliminerebbe nessuno dei difetti del “porcellum”, ma ne accentuerebbe gli aspetti negativi.
Attribuendo il premio di maggioranza ad un solo partito e raddoppiando le soglie per l’ingresso in Parlamento dei rappresentanti del popolo, essa comprimerebbe fino all’inverosimile il diritto degli elettori di scegliere i propri rappresentanti, consentendo ad una minoranza di impadronirsi di tutti i poteri e di svincolarsi da ogni controllo.
Il referendum non ammazza il “porcellum” ma lo rafforza e lo rende perpetuo. Per mantenere aperta la speranza di cambiamento di questa iniqua legge elettorale occorre far fallire il referendum disertando le urne.
FACCIAMO FALLIRE IL REFERENDUM
COMITATO “NO AL REFERENDUM”
giovedì 18 giugno 2009
mercoledì 10 giugno 2009
Giù le mani dalla democrazia
martedì 9 giugno 2009
Incontro informativo sui contenuti del referendum elettorale e sulle conseguenze che ne deriverebbero
LOGO di Reti di Pace
ROMA
Mercoledì 10 Giugno 2009
Ore 18.00-20.00
c/ Planetarietà
Via Paola Falconieri 84
“Un referendum beffa”
Quali sono le caratteristiche della legge elettorale vigente? Perchè viene definita “porcellum”? Che cosa è il premio di maggioranza? L'elettore che possibilità di scelta ha attualmente?
Quale legge elettorale avremmo con il referendum abrogativo? Quali le conseguenze per la vita democratica del paese?
Per fare delle scelte consapevoli Reti di Pace vuole approfondire i termini del referendum e i suoi risvolti; a tal fine vi invitiamo a parlarne con
Domenico Gallo e Tana De Zulueta
Domenico Gallo, giurista e magistrato, senatore dal 1994 al 1996. Attualmente è Consigliere presso la Corte di Cassazione. Dal 1982 è attivo nella magistratura associata e aderisce a “magistratura democratica”. Ha curato numerose pubblicazioni su temi attinenti a questioni di carattere internazionale ed in materia di diritti dell’uomo.
Tana De Zulueta, giornalista e già corrispondente in Italia del settimanale The Economist, parlamentare dal 1996 al 2008, tra le varie attività è stata membro della Commissione Antimafia, della Commissione Difesa, Presidente della Commissione Cultura e Immigrazione di EuroMed.
Per maggiori informazioni e documenti: http://comitatonoalreferendumelettorale.blogspot.com
In allegato il materiale elaborato dal “Comitato per il no al referendum elettorale tramite l'astensione”
Ti aspettiamo!
Info: www.retidipace.it info@retidipace.it
giovedì 4 giugno 2009
Un referendum beffa Le ragioni per dire No al referendum elettorale in 10 punti.
1. Siamo tutti scontenti della vigente legge elettorale, unanimemente denominata “porcellum” con la quale si è votato nelle ultime due tornate elettorali (2006 e 2008).
2. Questa legge, attraverso le liste bloccate, ha espropriato gli elettori di ogni residua possibilità di scegliersi i propri rappresentanti in Parlamento, conferendo a una ristrettissima oligarchia di persone (i capi dei partiti politici) il potere di determinare al 100% la composizione delle Assemblee legislative. Di conseguenza tutti i “rappresentanti del popolo” sono stati nominati, da oligarchie di partito, svincolate da ogni controllo popolare.
3. Attraverso l’introduzione di soglie di sbarramento irragionevoli, il “porcellum” ha soffocato il pluralismo, espellendo le minoranze, non coalizzate dal Parlamento.
4. Il referendum proposto non corregge nessuno dei difetti del “porcellum” ma, al contrario, li aggrava, esaltandone le conseguenze negative.
5. Il referendum propone sostanzialmente due modifiche della vigente legge elettorale: a) attribuisce il premio di maggioranza alla lista, che abbia ottenuto anche un solo voto in più delle altre liste concorrenti, abrogando la possibilità che il premio venga attribuito ad una coalizione di partiti; b) determina il raddoppio delle soglie di sbarramento confermando per tutti la soglia del 4% alla Camera dei Deputati e dell’8% al Senato (che la legge attuale impone soltanto ai partiti non coalizzati).
6. Attribuire il premio di maggioranza ad una sola lista determina un incremento inusitato del premio stesso, sovvertendo la regola basilare di ogni democrazia che si poggia sul principio che le decisioni si prendono a maggioranza.
7. In questo modo si realizzerebbe una sorta di dittatura della minoranza, in quanto un solo partito, senza avere il consenso della maggioranza del popolo italiano, avrebbe nelle sue mani il controllo del Governo e la possibilità di eleggere – da solo – il Presidente della Repubblica e di modificare la Costituzione.
8. La chiamata degli elettori alle urne per il referendum nasconde un inganno: essa sfrutta l’insoddisfazione generale che tutti noi nutriamo verso questa legge elettorale (il porcellum) per spingerci ad un voto che, qualunque sia il risultato, non può avere altro effetto che quello di rafforzare il porcellum.
9. Per questo si tratta di un referendum beffa: ci chiama alle urne per ammazzare il porcellum, ma in realtà lo ingrassa e lo rende intoccabile, in quanto il Parlamento non potrebbe fare delle riforme elettorali perché vincolato dal voto popolare espresso con il referendum.
10. Per questo diciamo No al referendum elettorale, non andando a votare e rifiutando le schede del referendum, se chiamati alle urne per il ballottaggio,
2. Questa legge, attraverso le liste bloccate, ha espropriato gli elettori di ogni residua possibilità di scegliersi i propri rappresentanti in Parlamento, conferendo a una ristrettissima oligarchia di persone (i capi dei partiti politici) il potere di determinare al 100% la composizione delle Assemblee legislative. Di conseguenza tutti i “rappresentanti del popolo” sono stati nominati, da oligarchie di partito, svincolate da ogni controllo popolare.
3. Attraverso l’introduzione di soglie di sbarramento irragionevoli, il “porcellum” ha soffocato il pluralismo, espellendo le minoranze, non coalizzate dal Parlamento.
4. Il referendum proposto non corregge nessuno dei difetti del “porcellum” ma, al contrario, li aggrava, esaltandone le conseguenze negative.
5. Il referendum propone sostanzialmente due modifiche della vigente legge elettorale: a) attribuisce il premio di maggioranza alla lista, che abbia ottenuto anche un solo voto in più delle altre liste concorrenti, abrogando la possibilità che il premio venga attribuito ad una coalizione di partiti; b) determina il raddoppio delle soglie di sbarramento confermando per tutti la soglia del 4% alla Camera dei Deputati e dell’8% al Senato (che la legge attuale impone soltanto ai partiti non coalizzati).
6. Attribuire il premio di maggioranza ad una sola lista determina un incremento inusitato del premio stesso, sovvertendo la regola basilare di ogni democrazia che si poggia sul principio che le decisioni si prendono a maggioranza.
7. In questo modo si realizzerebbe una sorta di dittatura della minoranza, in quanto un solo partito, senza avere il consenso della maggioranza del popolo italiano, avrebbe nelle sue mani il controllo del Governo e la possibilità di eleggere – da solo – il Presidente della Repubblica e di modificare la Costituzione.
8. La chiamata degli elettori alle urne per il referendum nasconde un inganno: essa sfrutta l’insoddisfazione generale che tutti noi nutriamo verso questa legge elettorale (il porcellum) per spingerci ad un voto che, qualunque sia il risultato, non può avere altro effetto che quello di rafforzare il porcellum.
9. Per questo si tratta di un referendum beffa: ci chiama alle urne per ammazzare il porcellum, ma in realtà lo ingrassa e lo rende intoccabile, in quanto il Parlamento non potrebbe fare delle riforme elettorali perché vincolato dal voto popolare espresso con il referendum.
10. Per questo diciamo No al referendum elettorale, non andando a votare e rifiutando le schede del referendum, se chiamati alle urne per il ballottaggio,
lunedì 1 giugno 2009
ASTENSIONE ATTIVA PER IL NO
Il prossimo 21 giugno gli italiani sono chiamati a pronunciarsi su tre quesiti referendari riguardanti la legge elettorale vigente.
I tre quesiti sono falsamente abrogativi: il loro effetto non è quello di abrogare in tutto o in parte la legge vigente, ma di scriverne una nuova, peggiore, se possibile, di quella attuale.
L’effetto di un eventuale successo del SI, non sarebbe infatti la cancellazione, totale o parziale, della legge definita come “porcata” da uno dei suoi autori, ma il lasciarne in piedi gli aspetti sostanziali, ivi comprese le liste bloccate, e di “aggiungere” un nuovo ed essenziale elemento: quello di spostare dalla maggior coalizione al maggior partito, quale che sia il risultato conseguito, l’attribuzione del premio di maggioranza.
In altre parole, con un sapiente uso dell’abolizione di parole e virgole, si “produce” una nuova legge.
Al di là di ogni considerazione di merito, questa constatazione, da sola, motiva adeguatamente un’azione politica volta a far fallire il tentativo di procedere ad una irrituale degenerazione dell’istituto referendario; che, ricordiamolo, è abrogativo, e non propositivo e legislativo.
Il modo più appropriato per contestare questo uso distorto del Referendum è quello di negarne alla radice la legittimità, non recandosi a votare per nessuno dei tre quesiti; o, recandosi a votare per gli eventuali ballottaggi delle amministrative, non ritirare le tre schede relative ai quesiti referendari. Il che non è astensionismo passivo: è astensione attiva, motivata da un preciso e motivato ragionamento sui meccanismi di funzionamento di una democrazia.
Lungi da noi l’idea di difendere il Porcellum, non possiamo convenire con un’operazione truffaldina, che cerca di far passare come abrogativo quel che abrogativo non è, risultando invece produttivo di una nuova legge. E veniamo alle implicazioni politiche di un eventuale successo del SI.
Gli italiani devono sapere che in questo caso, cambierebbero due cose:
La prima, pienamente condivisibile in via di principio ma di non rilevante impatto politico:
Verrebbe eliminata la possibilità delle candidature plurime al Senato ed alla Camera, che ha consentito sinora ai maggiori leaders dei diversi partiti di candidarsi in più circoscrizioni.
La seconda, che ha invece carattere sostanziale:
Il premio di maggioranza, che il Porcellum (la legge attuale) riserva alla coalizione che abbia ottenuto il maggior numero di voti, verrebbe invece attribuito alla singola lista che abbia ottenuto il più alto numero di voti. In pratica, se si votasse oggi con la legge che deriverebbe dalla vittoria del Referendum, il PdL (e cioè l’arzillo Cavaliere) avrebbe, da solo, e senza bisogno dei voti della Lega o del MPA, la maggioranza assoluta nelle due Camere.
In quanto al PD, il successo del SI garantirebbe a quel partito il ruolo di eterno secondo, e di monopolista padrone di un’opposizione addomesticata.
In quanto alle altre formazioni, esse si troverebbero a dover scegliere tra il dover lottare per la conquista della soglia del 4% alla Camera e dell’8% al Senato, o il dover accettare l’ospitalità, alle condizioni dettate dai due partiti maggiori, nelle liste di questi.
Non sembra, questo, un buon programma di lotta alla partitocrazia: il potere di condizionare il sistema politico italiano verrebbe concentrato nei ristrettissimi vertici dei due maggiori partiti, i quali verrebbero messi in condizione di determinare, da soli, i nominativi di tutti i componenti della Camera e del Senato, senza che agli italiani venga consentito un minimo di intervento sulla scelta della rappresentanza. Il potere della partitocrazia non verrebbe ridotto, ma semplicemente concentrato nelle mani di due monopolisti tra loro non competitivi: quello dell’intero Paese e, ben distanziato, quello della minoranza.
Poiché la politica non può prescindere dalla valutazione della realtà quale essa ci si presenta, l’aspetto più grave della questione è che l’eventuale successo del SI sarebbe il rendere l’intera politica italiana ostaggio di un signore che non fa più alcun mistero della propria vocazione al cesarismo. Il partito di questo signore, cioè lui in prima persona, visto il tasso di democrazia interna, anche statutariamente stabilito, del PdL, nominerebbe da solo, forse col consiglio dei genitori di quelle signorine che lo chiamano Papi, almeno il 55% delle due Camere: quelle stesse che eleggeranno il prossimo Presidente della Repubblica, e che, probabilmente, ridisegneranno la mappa istituzionale della Repubblica. In nessuna democrazia al mondo è mai avvenuto che una persona, da sola, potesse “nominare” il 55% del Parlamento; e neanche in molti regimi autoritari.
Questo sistema elettorale ha, in Italia, un solo precedente: la legge Acerbo del 1923, che alcuni hanno visto come l’atto di suicidio di un Parlamento (non l’unico nella storia europea: Reichstag, 1933; Assemblée Nationale, 1940), che consentì al Parlamento poi eletto con tale sistema, e dominato dal PNF, di instaurare il regime senza violare la legalità formale.
Sarebbe opportuno avere la decenza di non parlare di bipartitismo dell’alternanza come risultato dell’eventuale successo del SI, quando in questo Paese vengono cancellati gli strumenti democratici per renderla praticabile, ad iniziare dalla libertà e dal pluralismo dell’informazione.
E non si venga a dire che il successo del SI obbligherà Forze politiche e Parlamento a riscrivere la legge, ed a scriverne una migliore: se questa volontà e questa capacità vi fossero state, si sarebbe già provveduto, magari a suon di voti di fiducia, o in virtù di un accordo generale come è stato per la legge elettorale europea. Non si riesce a capire come sia possibile mistificare i fatti ed imbrogliare gli italiani in questo modo.
Per una volta, il presidente del consiglio ha detto la verità: “il SI mi dà il 55%; sarei masochista a votare NO”. La brutale e logica chiarezza di questa dichiarazione ridicolizza il balbettio incoerente di quegli esponenti della minoranza parlamentare che accampano pretesti per trovare una qualche motivazione per il SI: per essi, l’unica, vera quanto inconfessabile, motivazione, è quella dell’essersi arresi chiedendo grazia al vincitore.
Se questo è lo scenario che si verrebbe a creare in caso di successo del SI, tutti quegli italiani di destra, di sinistra e di centro che ancora pensano che non sia cosa saggia il consegnare tutto il potere ad un solo partito (e cioè, nel nostro caso, ad un solo uomo), senza reali possibilità di alternanza, devono impegnarsi perché il Referendum non abbia successo.
Ciò riguarda gli elettori della Lega e di altre formazioni della Destra, e gli stessi elettori del PdL, se ve n’è qualcuno che pensa che il governo di un uomo solo non sia un bene per il Paese, e neanche, tutto sommato, per la propria parte politica.
Riguarda quegli elettori del PD, più o meno convinti della capacità di tenuta di quel partito, ma che ritengono che la prospettiva del PD non possa ridursi al ruolo di eterno secondo, compensato dalla concessione del monopolio di un’opposizione addomesticata.
E riguarda gli elettori ed i simpatizzanti di tutte le altre formazioni presenti o meno in Parlamento, che si vedrebbero costretti in una gabbia falsamente bipartitica; in realtà monocratica.
Riguarda, in sostanza, tutti gli italiani che ancora ritengono che la nostra, comunque, debba essere una democrazia, governata dalla destra o dalla sinistra che sia; ma comunque, una democrazia e non il regime personale di un solo uomo. Perché questa, in definitiva, è la posta in gioco.
A tutti questi ci si deve rivolgere perché il Referendum non abbia successo.
Poiché il rischio di involuzione ulteriore verso un finto bipartitismo populista è immenso, è inderogabile seguire la strada che offra la massima probabilità di far fallire questa operazione truffaldina.
Questa strada è quella di non recarsi a votare il 21 Giugno, o di non ritirare le tre schede referendarie dove quel giorno si sarà chiamati al voto per i ballottaggi delle amministrative, per effetto di una meditata scelta politica, motivata prima di tutto dalla considerazione di principio che qui sopra ha preceduto il ragionamento di merito politico, e motivata dalla realistica valutazione del merito e delle condizioni politiche attuali.
Astensione, allora, come scelta attiva di interessamento alla vita democratica, e non come rifiuto della politica.
Gim Cassano, 11-05-2009
I pericoli dietro il referendum del 21 Giugno
A proposito del prossimo referendum sul sistema elettorale Il referendum del 21 giugno, che ha come oggetto la modifica della legge elettorale, richiede un’attenta riflessione sugli esiti di un suo eventuale successo.
Una vittoria dei Sì determinerebbe un ulteriore deterioramento della democrazia nel nostro paese, perché consegnerebbe tutto il potere decisionale ad un unico partito, in quanto il premio di maggioranza verrebbe assegnato al partito che ha ottenuto la maggioranza relativa. Ciò limiterebbe più di ora la possibilità di scelta effettiva degli elettori e aumenterebbe il peso del partito vincente. Peraltro non eliminerebbe gli aspetti perversi dell’attuale sistema: il meccanismo delle liste bloccate e della selezione dei candidati per cooptazione, che sottrae potere decisionale ai cittadini, nonché il rafforzamento della coalizione vincente attraverso il premio di maggioranza. Resterebbe anche il premio "regionale" per il Senato, e quindi la possibilità che si formino maggioranze diverse nelle due camere.
Riteniamo che l’unica via per avviare un dibattito parlamentare, ma anche un dibattito pubblico, in grado di sollecitare l’approvazione di una nuova legge elettorale sia il mancato raggiungimento del quorum. L’invito all’astensione è dunque motivato non solo dall’esigenza di non peggiorare ulteriormente una pessima legge elettorale, che è riuscita a peggiorare perfino il discutibilissimo “Mattarellum”, ma anche di avviare un largo ripensamento sul modo avventuroso e democraticamente discutibile con cui da quasi vent'anni si è devastata tutta la legislazione elettorale: causa non ultima dell'emergenza democratica che stiamo attraversando.
da www.nuvole.it
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